di PaCo
Un uomo a cui piace esplorare situazioni nuove, una persona che ragiona in modo dinamico e che fa dell’ironia la forza per affrontare non solo i suoi problemi personali ma anche quelli della Lcfc, associazione di cui è presidente da oltre 7 anni. Stiamo parlando di Daniele Tonino, arrivato ad essere investito di una carica da dirigente quasi per caso. Era il 1994, Tonino si era iscritto al primo campionato di calcio a 5 organizzato dalla Lcfc. Una decisione arbitrale non la digerì e fece ricorso. Lo perse, ma in quel momento capii che stava sbagliando e che i valori del movimento amatoriale non erano quelli che aveva sempre pensato. In lui, nonostante una certa ambizione, cominciò a farsi largo una trasformazione quasi intima che lo fece riflettere. Il ragazzo però aveva idee e intraprendenza, caratteristiche che piacquero a Giampaolo Bertoli, presidente di allora, che lo stimolò dicendogli >>se ritieni di essere cosi preparato nel calcio a 5 dimostralo facendo crescere quel movimento a cui tu dici di tenere>> Daniele accettò la sfida e, dimostrando negli anni la sua capacità organizzativa e la propensione al cambiamento, riuscì, oltre a valorizzare il campionato di calcio a 5, a scalare le gerarchie fino alla candidatura da presidente. Il suo modo di fare bonaccione, il saper coinvolgere le persone, la condivisione di un percorso, le sue idee chiare sul futuro del movimento amatoriale, ma soprattutto i risultati ottenuti in campo regionale, hanno avuto echi anche a livello nazionale tanto da permettergli di ricevere l’incarico di responsabile nazionale del calcio Libertas. Lo abbiamo intervistato.
Daniele, i tuoi mandati hanno attraversato venti di burrasca che avrebbero potuto azzerare il movimento, a partire dall’obbligo per le squadre dei corsi BLSD alla pandemia. Com’è stato questo percorso?
“Decisamente un percorso con molti ostacoli. Siamo partiti con l’obbligo per le squadre ad avere dei corsi BLSD. In questo contesto abbiamo operato in simbiosi con la Regione che, grazie ai nostri interventi e ai nostri documenti, ha portato alla conferenza delle regioni una soluzione che è riuscita a salvare quanto più possibile tutte le associazioni. Basti dire che la prima stesura non imponeva alle strutture di avere il defibrillatore ma ad ogni squadra!! Appena fatto digerire questo alle associazioni è arrivato il registro CONI. Anche in questo caso confusione totale: non si capiva le diversità fra le federazioni e gli enti di promozione, strutture organizzative con varie tipologia di attività e con finalità diverse. Anche in questo caso abbiamo studiato le norme portando soluzioni pratiche alle nostre squadre riuscendo a farle iscrivere nel registro CONI. Infine la pandemia che ci ha costretto a partire con due campionati per poi stopparli. Dopo la presa di coscienza di cosa stava capitando, passato il peggio, abbiamo deciso di ricominciare e dare una bagliore di normalità. Sapevamo delle difficoltà ma siamo convinti che arriveremo alla fine. Degli illusi, forse, ma proviamoci almeno. Dal punto di vista economico, abbiamo restituito alle squadre i costi relativi alle partite non giocate nonostante i costi fissi di sede, dipendenti e della normale funzionalità di una associazione. Grazie ai risparmi passati siamo riusciti a reggere. Ma se devo essere onesto questo periodo mi ha molto provato. Le cattiverie, i rancori riversati contro la LCFC ad ogni nostra decisione sono stati veramente duri. Sono sicuro che in molte cose abbiamo sbagliato come sono sicuro che in altre abbiamo agito bene, ma era ed è una situazione nuova. Capisco le sensibilità e i dubbi ma prendere decisioni per la collettività è difficile. L’abbiamo fatto, cercando di essere razionali e di dare la miglior risposta possibile a tutti. Ai posteri l’ardua sentenza”.
Sappiamo che tra i dirigenti fioriscono molte idee. Avete già in mente qualche novità da presentare nei prossimi campionati?
“Questa domanda è difficile. Nell’attività c’è qualche nuovo innesto che ha portato ulteriore vivacità. Ora siamo focalizzati sui campionati anche se ci sono varie proposte nel cassetto che potrebbero fiorire. Ma prima vorrei capire alcune situazioni incontrando le squadre, appuntamenti che faremo appena la situazione pandemica lo consentirà. Va fatta una analisi attenta, dovremmo valutare parecchi aspetti. Poi si potrà capire che strada prendere”.
Il tuo impegno è anche a livello nazionale. Qual è il tuo obiettivo in seno al calcio Libertas?
“In Libertas ho ritrovato persone di fiducia con cui la LCFC ha collaborato in passato. Proprio perché conosco la loro serietà e il loro impegno mi è sembrato corretto accettare l’incarico di responsabile nazionale del calcio Libertas. A livello nazionale gli obiettivi sono simili a quelli regionali. Il primo obiettivo è far tornare a giocare la gente e a riaccendere entusiasmo. Poi si passerà agli eventi. In Friuli le nostre finali regionali daranno il lasciapassare per le fasi nazionali. E’ palese che dovremmo capire le esigenze di ogni territorio cercando di coinvolgere le persone in progetti che possano portare stimoli nuovi. Ma non solo. Gli eventi dovranno essere un momento di festa, un modo per valorizzare i territori, per proporre una sorta di turismo sportivo che potrà essere legato anche alla cultura. Vorremmo che a questi incontri, oltre chiaramente alle squadre, possano essere coinvolte anche le famiglie di atleti e dirigenti”.
Torniamo al movimento friulano. Quest’anno volete organizzare le finali regionali. Come sarà strutturato questo evento?
“Siamo in work in progress. Stiamo cercando collaborazioni sia con le pubbliche amministrazioni che con realtà regionali interessate. Lo scopo è portare squadre friulane a disputarsi il titolo regionale, con l’eventualità di rappresentarci alle finali nazionali. Oltre a questo potrebbero esserci delle partite dove le nostre formazioni si incontreranno con altre realtà anche extra regionali. Insomma una bella manifestazione di sport dove cercheremo d’inserire anche spettacoli che possano essere una sorta di calamita per una nuova ripartenza”.