di PaCo
Remo Chiaradia è un dirigente che ha saputo tramutare i suoi infortuni in una forza positiva per rimettersi in gioco e creare progetti nuovi che danno un senso alla sua grande passione, ereditata dal padre, per il calcio. Una passione, però, che per qualche tempo si era molto affievolita dopo che due infortuni sullo stesso ginocchio e tre operazioni chirurgiche nell’arco di un anno, gli tolgono la voglia di continuare. Il dolore e lo sconforto lo allontanano dal calcio. Per 7 anni non indossa più uno scarpa da calcio, non guarda nemmeno una partita. La scintilla scocca nuovamente quando un suo ex compagno di squadra gli propone di andare a fare un allenamento con gli amatori. Li scopre il calcio alternativo, fatto di poco impegno e tanto divertimento. La fiammella di passione che stava per spegnersi viene alimentata e diventa fuoco. Ritrova il clima spogliatoio, conosce nuovi amici e da difensore s’inventa attaccante. Erano gli amatori Ceolini, dove con ex compagni della Sacilese, passa più di 10 anni. Vincono parecchio anche grazie a mister Cecchetto, ora al Villa D’Arco. Vincere aiuta ad alimentare l’entusiasmo ma bisogna fare i conti con l’età che avanza. Giocare 80 minuti diventa sempre più impegnativo, senza contare che la rosa si restringe sempre più. La voglia di rimanere c’è e per non rischiare di abbandonare, bisogna inventarsi qualcosa. In quel periodo Remo legge sul giornale del fallimento della Sacilese, con la gestione della struttura del campo in Via XXV aprile che passa al comune. Era l’idea che Remo cercava. D’altronde, il comune ha un grande bacino di persone, gli amatori Ceolini hanno tantissimi giocatori ex Sacilese e sono organizzati: perché non unire le due cose, creare una realtà a Sacile che possa rappresentare il comune e tornare a dare un calcio ad un pallone in un impianto dove prima ci giocava la lega pro che molti calcavano in età giovanile? Detto fatto. La caparbietà di Remo, che dal suo lavoro ha imparato gestire la comunicazione e a mantenere una certa fermezza anche in situazioni delicate, ha la meglio e la gestione della struttura gli viene affidata. E’ il 2016, Nascono agli am. Sacile.
Remo, il Sacile, in un periodo difficile dove qualche squadra non è riuscita a iscriversi per mancanza di giocatori, ha presentato al via due formazioni con rose molto ampie. Come sei riuscito a ottenere questo risultato?
“Premetto che la scommessa di creare una nuova realtà a Sacile è stata azzeccata. Abbiamo molte richieste di partecipazione. D’Altronde una struttura come quella di Sacile, dotata anche di un campo in sintetico, che non ha eguali in regione per gli amatori, è un bel biglietto da visita. La verità è che abbiamo dirigenti carichi d’entusiasmo che sono una fucina di idee organizzative. La loro passione ha coinvolto circa 80 giocatori”.
E come riuscite ad accontentare tutti?
“Abbiamo iscritto due squadre, dividiamo i giocatori per regolamenti interni che permettono di far giocare tutti il più possibile. Un esempio ne è il Sacile over che ha fatto giocare tutte le partite a tutti i giocatori in lista. Il progetto potrebbe ancora crescere ed i numeri ci sarebbero, ma prima dobbiamo consolidare le basi. Con una rosa così ampia bisogna essere un po’ psicologi e un po’ genitori, bisogna rispondere alle esigenze e alle difficoltà che possono comparire nel gruppo. Dobbiamo risolvere i problemi di tutti perché tutti sono diversi tra loro, ma anche dare regole chiare che valgono dall’ultimo arrivato al più anziano. Inoltre bisogna pensare al futuro e a un ricambio anche nello stato maggiore della squadra. Per questo, tra i dirigenti, ho inserito anche il più giovane della squadra che ha la passione che conta: come in una azienda è giusto preparare anche un ricambio generazionale per dare continuità… una tra le cose più difficili”.
Il campionato Pordenone sembra in crescita. Come vedi il futuro di questa manifestazione?
“Il campionato a Pordenone è indubbiamente in crescita. Quando c’è l’organizzazione, l’impegno e la Lcfc ascolta le esigenze del territorio, è normale che un movimento cresca in maniera positiva. Premetto che non sono un monopolista e non voglio che altre federazioni cessino, ma ritengo sarebbe bello se si arrivasse ad un’unica soluzione dove sarebbe ancor più divertente giocare. Se ciò accadesse sarà la LCFC che dovrà impegnarsi ancor di più e far si di meritarsi questa fiducia”.
Voi, come amatori Sacile, siete molto attivi nel sociale. Quali iniziative avete intrapreso in questo contesto?
“Si certo, e quello è il mio più gran vanto, ormai siamo più di 100 persone e siamo l’associazione di riferimento per il calcio amatoriale a Sacile. Oltre la parte ludica è un dovere pensare anche la parte morale dell’ associazione. Ogni anno , cerchiamo di implementare e dare continuità nel sociale grazie alla forza dei nostri numeri : quello che si può fare in 100 è molto più facile che quello che può dare una singola persona. Questa ampiezza di persone ci ha consentito di essere attivi, in un progetto scuola del comune, dove ogni anno doniamo un bene utile ai più piccoli. Inoltre, da più di 3 anni, portiamo avanti il progetto AVIS con un folto gruppo della squadra che si ritrova 2 volte all’ anno per la donazione di sangue collettivo. Talvolta diamo aiuti, per quello che possiamo, su suggerimenti di situazioni di difficoltà”.
Tecnicamente quali sono le maggiori difficoltà che avete incontrato in questa stagione?
“La ripresa dell’attività a intermittenza che ha portato più infortuni, il covid e la giusta paura di portare a casa il virus a persone più deboli, i protocolli anticovid da seguire, sono state tra le cose più stressanti. Reagire a questi impedimenti non è stato facile anche se la voglia di ripartire ha prevalso su tutto”.
Parlando di campionato pare che l’obiettivo di vincere il titolo stia sfumando. Considerato che avete una bella rosa a disposizione avete spostato l’attenzione sulla Coppa (che offre la possibilità di accedere alle finali regionali)?
“Mai dire mai. Come spiego ai ragazzi ad inizio stagione dobbiamo darci degli obiettivi a 360 gradi. A livello calcistico, per la squadra Under, così la chiamiamo per differenziarci dal Sacile Over, l’obiettivo, non nego, erano di riuscire a vincere tutto. I nomi e le qualità ci sono, però è vero che bisogna mettere in conto anche la bravura delle altre squadre ed una buona dose di fortuna. Lo spartiacque è stata una settimana dove abbiamo giocato giocare 3 partite perdendole tutte. Sconfitte che hanno compromesso la corsa al titolo. Purtroppo non ne girava una di giusta, con infortuni e atleti che all’ ultimo non potevano essere presenti. Per fortuna abbiamo una rosa ampia ma il calcio è così, fatto di episodi. Non cerco scuse e il merito va a chi ci ha battuto. Ora vediamo di terminare bene queste 3 ultime partire recuperando il più possibile la maggior parte di giocatori e poi testa ed impegno sulla coppa, comunque vada”.
In pochi anni siete passati dalla FIGC, agli Amici del Calcio, al CSI, alla Lega Calcio Friuli Collinare. Che differenze hai trovato tra queste realtà?
“La FIGC, a mio parere, ha le mani legate da regole che possono essere anche corrette ma non si adattano all’ elasticità che deve avere il calcio amatoriale. Gli Amici del calcio, nella persona di Giaccomo Tonus, sono stati il calcio amatoriale a Pordenone degli anni 90/2000: le finali nazionali con lui in Sardegna e a Rimini sono ricordi indelebili. Bravissimo, ma quando ha mollato il timone non ha trovato nessuno che potesse avere le sue qualità e il tempo che lui ci dedicava . Nel CSI ci abbiamo fatto un solo anno, vincendo anche il campionato di serie B, ma purtroppo non era quello che cercavo organizzativamente parlando e non sopportavo le multe pecuniarie per ammonizioni o altro. In Lcfc è la più organizzata e ascolta le squadre. Ma secondo me deve fare ancora tanto per far crescere il movimento a Pordenone”.
Quali sono gli uomini del Sacile che quest’anno ti hanno sorpreso per continuità e rendimento?
“Non mi piace valutare i miei giocatori per le qualità calcistiche perché sono una dote che qualcuno si ritrova anche senza troppo coltivarla. Se devo dare un plauso lo faccio sul lato umano. Nomino tre persone che non ho mai menzionato in altre interviste: mister Poletto che con il suo impegno e disponibilità è encomiabile, Marco De Zotti, il nostro portierone che quest’ anno si è laureato con 110 in architettura ed ha fatto sempre il possibile per rispondere presente alle convocazioni, Daniele Petraz, arrivato quest’anno portandosi i suoi trascorsi calcistici di rilievo, che mi ha colpito per le sue doti umane e umiltà difficili da trovare”.
Che consiglio daresti alla LCFC per migliorare il campionato Pordenone?
“Credo che bisogni sempre migliorarsi, mai sedersi. Testare e provare non è detto che non porti a niente, apprendere da altri sport e non pensare che la FIGC sia oro, capire la dimensione della manifestazione e agire di conseguenza. Poi sicuramente ascoltare tutte le risorse, soprattutto quelle che arrivano dai più giovani”.
Qual’è il tuo sogno nel cassetto in campo amatoriale?
“Nessun sogno in particolare se non quello di uscire del tutto da questo periodo storico difficile e che tutte le squadre amatoriali continuino, con passione, a giocare il più possibile. Per il mio Sacile invece, che si continui così mantenendo lo spirito di allegria e che ci si diverta sempre e comunque”.