di MASSIMO DI CENTA
Il 2 a 2 ottenuto contro il Castions nell’ultima domenica di ottobre vale l’unico punto in classifica del Flumignano, fanalino di coda del girone D di Seconda categoria, al termine del girone d’andata. Per il resto, 13 sconfitte, con 6 gol fatti e 57 subiti. Sono numeri impietosi per la formazione rossoblu, espressione di un paese, frazione di Talmassons, con un migliaio di abitanti circa.
Eppure la storia del sodalizio, fondato nel 1965, registra anche un ventennio in Promozione, in due diversi periodi, quando la squadra seppe togliersi anche qualche piccola soddisfazione in relazione ad una realtà costretta a confrontarsi con altre realtà del territorio con numeri ben più importanti. Alla guida della società, nella prima promozione, nell’anno 2007, c’era Evaristo Ammirati, ancora oggi, dopo vent’anni, una delle colonne portanti del calcio a Flumignano. E proprio a lui abbiamo chiesto come la società stia vivendo questo momento oggettivamente molto difficile.
«I numeri parlano chiaro – ci risponde – e la classifica è lì a dimostrarlo. Già iscriversi è stato un vero e proprio successo. Abbiamo un organico appena sufficiente per affrontare il campionato. Ho vissuto, probabilmente, il momento più alto della storia della squadra, ma l’entusiasmo e la voglia di continuare non sono mai venuti meno. Siamo una squadra a costo zero e questo, se da un lato sta condizionando la nostra stagione, da un altro ci rende orgogliosi, perché stiamo comunque onorando più di mezzo secolo di vita».
Perché tutte queste difficoltà?
«La situazione è precipitata negli ultimi anni, quando è mancato il ricambio generazionale a livello di dirigenza. È sempre più difficile trovare gente disposta a sacrificare il proprio tempo in quella che resta comunque un’attività di volontariato. Personalmente ne ho fatto quasi una questione di famiglia, visto che mia figlia Nicol è dirigente della squadra e compagna dell’attuale presidente Andrea Magnà. Stiamo cercando di coinvolgere altre persone, ma è davvero un’impresa molto ardua. Così come lo è trovare giocatori, visto che l’offerta di altri sport ha soppiantato l’idea del calcio come unica attrattiva a livello di attività agonistica».
In più, negli ultimi anni, ci si è messa di mezzo anche questa pandemia a complicare le cose, sia dal punto di vista sanitario che da quello strettamente sportivo.
«In effetti tutto si è molto complicato, soprattutto dal punto divista finanziario. Noi, negli ultimi anni, avevamo i nostri sponsor storici che ci permettevano di allestire rose all’altezza di affrontare i campionati con dignità ed un briciolo di ambizioni. Ultimamente invece abbiamo difficoltà enormi: l’economia non gira e qualcuno di questi sponsor o ha cessato l’attività o è passato di mano e non sempre chi subentra è interessato a finanziare una squadra di calcio. Adesso abbiamo solo la prima squadra e per quanto riguarda il settore giovanile è in piedi una collaborazione con la Cometa Azzurra che offre ai nostri giovani la possibilità di svolgere attività sportiva, In ogni caso, anche con una sola squadra da gestire, il momento è durissimo. L’ingresso al campo ed il chiosco ci garantiscono cifre di modesta entità, così come quelle dell’amministrazione comunale, che può elargire piccoli contributi».
In compenso però siete proprietari del vostro impianto di gioco.
«Sì, è vero, ma paradossalmente la cosa è quasi controproducente, nel senso che nessun ente pubblico può spendere nel privato e pertanto ci troviamo ad avere una gestione completa dell’impianto, con costi di manutenzione che incidono in maniera considerevole sul bilancio. Il campo fu donato dal marchese Fabio Mangilli, un imprenditore della zona nel campo delle distillerie, ed è sempre stato gestito dalla società».
Evaristo, insomma, non è proprio un bel momento.
«Direi proprio di no e non parlo dal punto di vista dei risultati: nella storia di una squadra si fa presto a passare da periodi felici a moment bui come questo, è fisiologico, soprattutto a livello dilettantistico. A preoccupare poi c’è questa pandemia, che regala solo incertezze. Personalmente sono dell’idea di rimandare di un mese la ripresa dell’attività, in attesa di momenti più sereni: la campagna vaccinale, l’avvicinarsi della stagione con temperature più calde potrebbe favorire una regressione del virus e portare qualche certezza in più. Ma a decidere, giustamente, saranno i vertici federali e noi rispetteremo le regole, con la promessa che l’impegno e la passione verso i colori rossoblu saranno sempre gli stessi».
Nell’immagine di copertina il “Fabio Mangilli”